Gihâd e guerra giusta
dalla rivista «Storia Illustrata»
 

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Durante le Crociate non furono certo fatte distinzioni sul significato che aveva per cristiani e musulmani quel termine di «guerra santa» che accompagnò poi tutte le conquiste fatte in nome della religione. Eppure anche nelle rivendicazioni più recenti (si potrebbe portare ad esempio quella israeliana) l'accezione di «santa» non è quasi mai legittimato. Per questo facciamo qui seguire un brano dell'intervista di Mario Arosio al prof. Mohammed Arkoun (professore di Filosofia e Civiltà Islamica alla Sorbonne Nouvelle) - tratto dal volume ISLAM. Religione e Società, ERI 1980 - nella quale si cerca di chiarire il significato dottrinale della gihâd e la strumentalizzazione politica di cui è stata fatta oggetto.

L'altro brano è del prof. Franco Cardini (Ordinario di Storia Medioevale dell'Università di Firenze) che contrappone al termine guerra santa, comunemente usato, il termine «guerra giusta» con il quale l'Occidente teoricamente classificò la Crociata.

Domanda: Che cos'è esattamente il gihâd? E qual è il rapporto tra gihâd e guerra santa? E inoltre: ci sono altre forme, altri modi di espressione del gihâd, oltre la guerra santa?

Risposta: Sicuramente. La parola gihâd, dal punto di vista etimologico, meglio, dal punto di vista linguistico, significa «sforzo»: lo sforzo fisico e lo sforzo morale che l'uomo sviluppa per compiere le opere; sia le opere di adorazione e di culto, sia le opere per sviluppare la conoscenza che si ha del mondo, della religione, ecc.

Domanda: Ma allora si tratta di qualcosa di molto simile al rapporto fede-opere nella teologia cattolica?

Risposta: Sì, senza dubbio, perché il gihâd fa parte delle opere che si possono compiere ed è, voglio precisarlo ancora una volta, uno «sforzo». Questa è la definizione generale e dottrinale del termine. Ma, naturalmente, nel corso della storia la parola gihâd ha potuto essere interpretata diversamente ed è stata identificata con lo sforzo della lotta contro il nemico. È a questo punto che interviene la nozione di guerra. Bene. Ho detto di «guerra», non ho detto «santa», perché, per aggiungere il qualificativo «santa», ci vorrebbe un certo numero di condizioni che sono molto difficili da realizzare. Ci vorrebbe tutta un'analisi storica e sociologica delle condizioni nelle quali si è realizzato il gihâd, in quanto sforzo dei primi credenti per inserirsi nella prospettiva di Dio, delle volontà divine. Bisognerebbe verificare in che maniera questo gihâd è stato realizzato al tempo del Profeta.

[...] Successivamente, nel corso della storia, ci sono anche delle guerre del nostro popolo, bandite dal califfo. Queste guerre sono delle guerre politiche di conquista, di egemonia. Ma, siccome il califfo ha sempre rivendicato il proprio ruolo religioso, [...], egli tende a qualificare in termini religiosi tutta la sua politica di egemonia o la sua politica di dominio. Anche in questo caso, la parola «santa», nell'espressione «guerra santa», è un qualificativo che viene aggiunto per legittimare, attraverso l'istanza religiosa, delle imprese che fanno parte delle attività normali di qualsiasi stato che voglia imporre la sua volontà ai cittadini o che voglia allargare la propria egemonia.

da Islam. Religione & Società, ed. ERI 1980 Intervista di Mario Arosio al prof. Mohammed Arkoun

[...] Può darsi che qualcosa del gihâd, almeno a livello pratico sia passato nell'Occidente nell'XI secolo, però la Crociata non è la «guerra santa» musulmana. La Crociata è l'innesto di una pretesa giuridica (quindi essa si fissa evidentemente a posteriori) di legittimazione per il recupero di una terra, che come «santa», si sente patrimonio legittimo della Cristianità, su un discorso cristiano più limitato, che è il discorso della «guerra giusta» di origine agostiniana, e che sarà ripreso e ampliato dagli ideologi crociati occidentali. La Crociata non nasce da un discorso ideologico fatto all'interno di una scuola di canonisti o all'interno di una curia pontificia o vescovile. La Crociata, e anche «l'ideologia» della Crociata, nascono in fieri durante il tragitto triennale delle truppe (o forse meglio sarebbe dire: dei pellegrini dell'Europa a Gerusalemme). Ma, una volta nate, esse si sviluppano e si « chiariscono » sulla base della meditazione a posteriori da parte di cronisti, di filosofi e teologi, e anche, e questo forse è importante, di poeti. Esiste un ciclo epico della Crociata che ci da forse il quadro ideologico e psicologico di quello che poteva essere la Crociata agli occhi degli occidentali: cioè di una guerra innestata sulla vecchia tradizione del pellegrinaggio e sulla dimensione della « guerra giusta », ma che al tempo stesso era avvertita come qualcosa di assolutamente nuovo, una primizia del tempo futuro.
da L'Islam e le Crociate in: «Storia Illustrata»
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