IADL denuncia Giudice anti-islamico |
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Nella sua prima azione pubblica, la Islamic Anti Defamation League Italy denuncia il comportamento del giudice milanese Michele Montingelli: "inutile interrogare gli islamici perché non sono credibili". La notizia: Roma, martedì 24 maggio 2005, c.a. sig. Ministro della Giustizia, On. R. Castelli (06.688xxx) Egregio sig. Ministro, Le scriviamo a proposito di uno sgradevole incidente avvenuto nel Tribunale di Milano . In data 17/02/2005 un giudice della IX Sezione Penale, il Dr. Michele Montingelli, ha pronunciato una sentenza nei confronti di un imputato di nazionalità marocchina e di religione musulmana. Si tratta di una storia di ordinaria violenza domestica, dove un uomo accusato di maltrattare moglie e figli, viene processato per tempo e condannato. Quindi, al di là del fatto che il giudizio è ancora aperto, perché molto probabile che avverso questa sentenza venga opposto appello, se il Tribunale, in nome del popolo italiano (e non solo) lo ha riconosciuto colpevole, la sentenza non viene affatto messa in discussione. Quello che invece è discutibile, anzi di una gravità inaudita, è un paragrafo contenuto nelle motivazioni di tale sentenza. Il giudice Michele Montingelli, facendo riferimento ad eventuali testimoni che tra l’altro non erano nemmeno stati propriamente indicati dall’imputato, aggiunge anodinamente il seguente paragrafo: “Tra l’altro, ed indipendentemente dall’assoluta tardività dell’intervento, ora menzionato, mercé il [omissis] si è determinato ad introdurre nel panorama probatorio dati da lui considerati caratterizzati da valenza dialettica rispetto all’architettura accusatoria, non par temerario sottolineare il fatto che quand’anche egli avesse fornito i nominativi dei soggetti che sarebbero stati testimoni dei contatti intimi tra la figliastra e l’uomo al quale sopra si è fatto riferimento, la testimonianza da essi resa avrebbe potuto, tenuto conto della loro probabile appartenenza ad un ambiente culturale i cui membri spesso non hanno modo di distinguersi per inclinazione al rispetto delle leggi italiane e degli obblighi dalle medesime scaturenti, quale ad esempio quello di dire, come testimoni, il vero dinanzi ai Giudici della Repubblica, essere «in re ipsa» considerata contraddistinta da determinante efficacia scagionante.” Per spazzare via ogni fraintendimento, il giudice Michele Montingelli in un’intervista apparsa sul Corriere della Sera del 1° maggio chiarisce il suo pensiero: “Con «area culturale» intende il dato nazionale (marocchini) o religioso (islamici)? [chiede il giornalista] «Mi riferisco a un'area culturale dove il vincolo di solidarietà, discendente dal credo religioso, nella mia esperienza può portare a violare la legge». [dichiara il giudice Montingelli]”. Quest’intervista, ad oggi, non è stata smentita dal diretto interessato. In poche parole, il giudice Michele Montingelli pur non avendo bisogno di dire alcunché sulla qualità di testimoni che non sono, quindi, nemmeno chiamati a testimoniare dichiara che se anche fossero stati correttamente indicati ed identificati, e se lui li avesse ammessi come testi, non avrebbe creduto alla loro testimonianza, perché di regola i musulmani non solo mentono ma sono inclini a delinquere proprio per il fatto di essere musulmani. Il timore della nostra organizzazione è che questo possa essere l’orientamento generale delle decisioni del Dr. Michele Montingelli, e questo getterebbe un’ombra pesante sull’effettivo godimento di un equo processo, così come garantito dalla nostra Costituzione. Siamo quindi a chiederle di disporre un’ispezione presso l’ufficio del Giudice Michele Montingelli per verificare che questo pericoloso comportamento non abbia portato né alla condanna di innocenti né alla liberazione di colpevoli. Che Allah la benedica e la guidi, e mentre restiamo in attesa di una sua cortese risposta alla presente, voglia gradire i sensi della nostra stima, Halima Barre * dal sito www.aljazira.it
Articolo pubblicato da Arab.it in data 18.05.2005 |
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