Ennesimo romanzo truffa antiislamico *

di Sherif El Sebaie *


Home | Arte e Cultura | Immigrazione | Islam | Notizie | Cucina | Aziende | Giustizia | Suggerimenti | E - Mail



In Australia in effetti, il diffusissimo quotidiano Sydney Morning Herald ha smascherato l'ennessima "truffa" a danni dei musulmani. Il quotidiano in questione aveva rivelato che la trama del romanzo "L'onore perduto. Amore e morte in Giordania", spacciata come storia veramente accaduta, non era altro che un miserabile falso. La trama raccontava la presunta biografia dell'autrice, Norma Khuri, una giordana di 34 anni di religione cristiana (ma non è questo il problema) che viveva in Australia grazie all'asilo politico concessole dopo che aveva affermato di essere in pericolo di vita in seguito ad un "delitto d'onore". Il racconto invece l'avrebbe iniziato in un internet café mentre era di scalo ad Atene sulla strada della fuga.

Khuri ha raccontato di aver lavorato come parruchiera, aprendo - secondo lei - il primo negozio unisex ad Amman, in società con un'amica musulmana. Quest'ultima poi sarebbe stata accusata dal proprio padre di essersi innamorata, nel negozio, di un soldato di religione cristiana dell'esercito di nome Michel, con il quale avrebbe avuto una relazione. Per questo è uccisa a coltellate dal padre. Dall'autopsia si scopre poi che la ragazza era in realtà vergine. Il romanzo, pubblicato dopo l'11 settembre, ha riscosso un grandissimo successo in quanto affrontava le relazioni padre-figlia nell'Islam, almeno secondo l'autrice: centinaia di migliaia di copie vendute in più di 15 paesi e il premio come miglior racconto realistico in Australia.

Peccato che dopo 18 mesi di indagini, l'Herald ha scoperto che l'autrice non solo non ha mai vissuto in Giordania (che aveva lasciato all'età di tre anni), che non ha mai avuto un negozio e tanto meno un'amica che abbia vissuto quella storia ma anche che aveva vissuto a Chicago fino al 2000 dove ha sposato un americano da cui ha avuto due figli. Non solo: era pure ricercata dall'FBI per truffe aggravate a danno di amici e parenti. La scoperta ovviamente è costata molto cara alla sedicente scrittrice che all'inizio ha cercato di negare e di adurre prove a sostegno del suo racconto. Davanti alla dimostrazione inconfutabile della loro falsità, ha dovuto ammettere e scusarsi pubblicamente con i critici e i lettori .

A differenza della mitomane francese che è stata condannata a una multa e quattro mesi di reclusione, Khuri si trova attualmente davanti ad una situazione peggiore. La casa editrice, la britannica Random, ha infatti deciso di ritirare tutte le copie del libro dal mercato e si è resa disponibile a rimborsare i lettori. Ha anche annullato il contratto per il secondo libro che l'autrice stava per scrivere e le ha fatto causa per risarcimento danni. Khuri intanto afferma di aver dato tutti i soldi in beneficenza. E come se non bastasse, anche il governo australiano sta per revocarle la residenza, concessa illegitimamente ad una cittadina americana e per di più sulla base di falsi presupposti.

Inutile dire che il romanzo - oltre ad aver ingannato i lettori - ha anche enormemente daneggiato l'immagine della comunità musulmana in Australia, come ha affermato il presidente della comunità musulmana libanese locale. E ovviamente ha alimentato il rogo sul quale sta bruciando attualmente tutto ciò che riguarda il mondo arabo e islamico in generale. Si tratta di casi molto gravi e pericolosi e il mio commento in merito è già stato pubblicato su questo portale. In questo caso però si scopre anche una nuova variante: sono tanti, troppi, quelli che attualmente guadagnano cavalcando l'onda dell'islamofobia attuale. La Khuri è in realtà un piccolo pesce che ha tentato di emulare il fenomeno Fallaci ben noto al mercato editoriale italiano, con la differenza che qua le opere della Fallaci sono osannate come la bibbia.

Basta un giro in una qualsiasi libreria per scoprire una quantità gigantesca di titoli, tutte storie di donne maltrattate o perseguitate, e tutte ambientate nel mondo arabo. Ovviamente non si può negare che ci siano tante cose da cambiare nella realtà femminile del mondo arabo come per esempio le leggi relative alla famiglia che proteggono poco la donna in caso di divorzio (e la colpa non è dell'Islam ma dei legislatori che fingono di non sapere dei precetti coranici e della tradizione di Maometto in merito), ma di qua a fare le affermazioni di sopra, bisogna essere proprio disinformati oppure in completa malafede.

Mi chiedo sempre se sia il caso di trasformare ciò che può essere uno sfortunatissimo caso di violenza familiare o una qualsiasi storia matrimoniale fallita - a patto che sia realmente avvenuta - nel simbolo di una presunta condizione generale delle donne musulmane. Ci sono casi di donne italiane picchiate dai compagni o dai genitori (ultimamente vediamo anche quelli dei piccoli che picchiano i genitori), di mariti italiani che scappano con i bambini (a volte in paesi che non prevedono espatrio) ma nessuno si sognerebbe di generalizzare la situazione a tutta l'Italia e gli/le italiani/e. Mi chiedo spesso, inoltre, come mai i casi di matrimoni misti che procedono a gonfie vele non facciano notizie.

Inutile negarlo: il femminismo sta diventando (e molti esempi storici dimostrano che è già stato) l'ancella del colonialismo. In giro, c'è troppa strumentalizzazione del velo, della condizione femminile nell'Islam fatta nell'ottica di caricare gli animi occidentali contro il mondo islamico, atta a giustificare interventi "liberatori" e all'introduzione, in Europa, di manifesti della razza di stampo nazista. Diciamocelo pure: molti in giro temono i matrimoni misti, colpevoli di inserire nel tessuto sociale occidentale uomini, donne (e bambini di seconda generazione) non totalmente "ariani" e spesso appartenenti ad un'altra religione. Perfino la Chiesa si è detta preoccupata del fenomeno con la sua ultima enciclica sui migranti.

Quale sistema più efficace, per dissuadere le donne occidentali, del continuo martellamento propagandistico a danno dei maschi arabi? La frase della Fallaci riassume tutta l'essenza di questa propaganda: "Non vedo cosa possa trovare una donna di buon gusto in un uomo arabo". E i commenti di qualche lettore del mio blog sulle doti amatorie degli arabi dimostrano che la concezione tribale della società, che considera le donne come un oggetto sessuale proprio della tribù e quindi da difendere dagli "invasori", è a quanto pare più radicata qua che nel mondo arabo.

Giovedi 9 settembre 2004

* Email: sherifblog@hotmail.com


* Tratto dal sito www.aljazira.it

Articolo ripubblicato da Arab.it in data 15 settembre 2004 


 
Home | Arte e Cultura | Immigrazione | Islam | Notizie | Cucina | Aziende | Giustizia | Suggerimenti | E - Mail
Arab.it


info@arab.it Copyright © A R C O SERVICE 1996-2015. All rights reserved. Tutti i diritti riservati.
E-mail: info@arab.it Tel: + 39 010 5702411